Nessuno è così vuoto come
coloro che sono pieni di se"
(Andrew Jackson)
Non è mia intenzione scrivere un articolo esaustivo su un argomento più volte trattato, il narcisismo come dimensione psicopatologica, mi concentrerò su uno dei processi di funzionamento che possiamo ritrovare nel soggetto che tende a questo tratto di personalità.
Sarà importate dare una definizione di questa condizione e per far questo userò i criteri dell’American Psychiatric Association attraverso il sistema diagnostico DSM-V che descrive il disturbo di personalità narcisistica come un quadro fatto di aspetti come la grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), la necessità di ammirazione, una eccessiva facilità ad essere feriti da eventuali commenti o giudizi critici e una difficoltà ad empatizzare con i bisogni degli altri.
In particolare, il DSM-V propone nove criteri diagnostici dei quali almeno cinque devono essere presenti per formulare diagnosi di personalità narcisistica:
1) grandiosità, cioè sensazione di essere importanti, anche in modo immeritato;
2) fantasie di illimitato successo, potere, amore, bellezza, ecc.;
3) il sentirsi unici o speciali, e compresi solo da certe persone;
4) eccessive richieste di attenzione o ammirazione;
5) sentirsi in diritto di meritare privilegi più degli altri;
6) tendenza a sfruttare gli altri per i propri interessi;
7) mancanza di empatia verso i problemi delle altre persone;
8) persistente invidia;
9) Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti, presuntuosi.
Definito ad un livello diagnostico categoriale cos’è il disturbo narcisistico di personalità, utilizzerò la sensibilità clinica e un modello di lettura di tipo psicodinamico per narrare una delle modalità di funzionamento che si possono riscontare in coloro che hanno dei tratti narcisistici. Questa modalità di funzionamento l’ho concepita metaforicamente come “il motore narcisistico”.
“Il motore narcisistico” è una vera e propria spinta interna capace di portare ad importanti cambiamenti nella vita di chi ha avuto in “dono1” questa struttura. Come ogni dono è consegnato in una relazione; il soggetto che lo riceve si troverà un congegno molto complesso che nel caso trovi, un adeguato terreno di coltura (la vulnerabilità biologica del modello bio-psico-sociale dei disturbi mentali), prolifererà con una sazietà incolmabile.
Una ricerca di sazietà che ha lo scopo di non far provare il vuoto “della fame”. Una sensazione di pienezza onnipotente che fa dire: "io non ho bisogno di te, io sono autosufficiente”. Di chi sta bene solo quando guarda dall’alto, perché guardare dal basso implica lo stare troppo vicino all’assenza, alla mancanza, ad un limite intollerabile. Un limite spesso vissuto ma non digerito che spinge su verso l’esofago che, quando diventa acido, fa soffrire il soggetto e chi gli sta vicino.
Possiamo ancora descrivere questo funzionamento narcisistico come un viaggio senza fermate perché il motore gira molto velocemente e non c’è il tempo per fermarsi. L’obiettivo è l’arrivo; il viaggio in se non è importante. Una volta arrivati si fantastica una nuova partenza e così via. Una vera e propria abbuffata dove l’unico fine è il riempire, dove manca il piacere del gusto, delle diverse sensazioni che si provano nell’alimentazione: sapori, odori, consistenza.
Una complessità di sensazioni che arrivano al palato, a volte dolci, a volte dure, aspre o amare che caratterizzano l’esperienza culinaria o potremmo dire della vita. Ma i cavalli chiamano e non c’è tempo per fermarsi e gustare, bisogna arrivare al traguardo e assaporare una sospirata vittoria che metta una nuova distanza dallo start iniziale.
Uno start relazionale “il dono” fatto di microtraumi, di un’assenza di rispecchiamento e di sintonizzazione con i caregiver che si situano, rispetto al soggetto, o troppo lontani ad esempio quello che possiamo trovare nel genitore depresso o troppo vicini con un genitore eccessivamente intrusivo. In questi casi si può dire che lo specchio va in frantumi, condizione che può creare uno spazio senza l’altro e senza un verso Sé, inteso come base sicura (Bowlby, 1969), che una volta introiettato diventerà il visore necessario nel leggere la realtà.
Moccia (2011) descrive bene una delle possibili forme di questa trasmissione intersoggettiva con la citazione tratta dalla autobiografia di J.P. Sartre che allude ad una sua esperienza infantile:
“Dei buoni amici dissero a mia madre che io ero triste, che mi avevano visto pensieroso. Mia madre mi strinse a lei con un sospiro: "Tu sei così gioioso, sei sempre così canterino! Come è possibile che tu ti lamenti di qualcosa?". Aveva ragione lei .....
Mia madre continuava a dirmi che io ero il più felice dei ragazzini.
Come potevo io non crederle dato che questo era vero ?”
Uno spazio dove si è trasparenti, senza un posto nel mondo dei propri caregiver, nella impossibilità di differenziare se stesso dalle alienanti attribuzioni dei propri modelli. Su questo punto si ricollega bene una recente ricerca apparsa su PNAS (2015) dove si rileva chiaramente questa mancanza di sintonia affettiva (Stern, 1985) con dei caregiver che sopravvalutano le capacità dei propri figli, caricando le giovani menti in crescita di aspettative e ideali narcisistici che non lasciano spazio al proprio unico, individuale divenire; esponendo loro al rischio di un disturbo di personalità.
Questo start relazionale se trova il substrato giusto può innescare il motore narcisistico, una realtà fatta di performance, di una necessaria differenziazione, di conferme esterne ed interne che vanno a rinsaldare nel soggetto il posto assegnatogli con questo “dono”. Un posto dove sono oscurate sia le peculiarità e la creatività del soggetto sia il limite psichico tra Sé e aspetti carichi di intrusività e assenza dell’altro (Moccia, 2011). Uno spazio caratterizzato dalla contrapposizione dove si produce, per necessità, un’energia che come per il leggendario motore magnetico spinge e fa girare il motore. Un’energia prodotta dall’allontanamento di due poli dello stesso segno (figura 1). Il polo positivo, caratterizzato da aspetti di un Io non riconosciuto, che porta una mancanza e che si contrappone al polo positivo di aspetti di un Io ipertrofico, stimolato da uno squilibrio dell’accudimento genitoriale. Poli che allontanandosi lasciano uno spazio aperto riempito da un senso di vuoto in cerca di forma e da emozioni non pensate; senza un contenitore sufficiente ad accogliere ed elaborare elementi di intensa sensorialità ed emotività.
Un’organizzazione psichica disfunzionale, sia sul piano delle relazioni interpersonali, sia dell’autoregolazione affettiva che compensa la sofferenza generata dalla vulnerabilità del Sé con reazioni automatiche di grandiosa e scostante autosufficienza. Una condizione che può portare non solo il motore ad andare fuori giri, con la fatica psichica che questo comporta, ma anche il rischio che eventi di vita come la perdita del lavoro, lutti, momenti critici del ciclo di vita riducano quella distanza e di conseguenza quell’energia che mantiene il distacco difensivo tra i due poli. In questa condizione è opportuno un lavoro terapeutico che permetta a Narciso di rispecchiarsi in Narciso senza affogare in un lago di angoscia, contenendo ed integrando aspetti diversi del Sé, verso la fuoriuscita da un incantesimo che ha impedito l’innamorarsi dell’altro e l’utilizzo di un’energia meno leggendaria ma spesa verso la verità (Grotstein, 2010)2.
Note:
1 Uso in modo sarcastico il termine dono, perché se ad uno sguardo ingenuo questo funzionamento sembra facilitare l’adattamento all’ambientale, attraverso una spinta motivazionale al successo, dall’altro lato questo dono si trasforma in un dolo che porta all’inquinamento della vita del soggetto e delle sue relazioni.
2 Secondo Grotstein nella rilettura di Bion l’essere umano è un individuo teso alla ricerca e/o all’evitamento della verità, e la psicopatologia (la sintomatologia) riflette una predisposizione verso la seconda posizione citata, mentre una condizione sana riflette la prima posizione.
Dott. Alberto Migliore psicologo a Torino
Bibliografia:
coloro che sono pieni di se"
(Andrew Jackson)
Non è mia intenzione scrivere un articolo esaustivo su un argomento più volte trattato, il narcisismo come dimensione psicopatologica, mi concentrerò su uno dei processi di funzionamento che possiamo ritrovare nel soggetto che tende a questo tratto di personalità.
Sarà importate dare una definizione di questa condizione e per far questo userò i criteri dell’American Psychiatric Association attraverso il sistema diagnostico DSM-V che descrive il disturbo di personalità narcisistica come un quadro fatto di aspetti come la grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), la necessità di ammirazione, una eccessiva facilità ad essere feriti da eventuali commenti o giudizi critici e una difficoltà ad empatizzare con i bisogni degli altri.
In particolare, il DSM-V propone nove criteri diagnostici dei quali almeno cinque devono essere presenti per formulare diagnosi di personalità narcisistica:
1) grandiosità, cioè sensazione di essere importanti, anche in modo immeritato;
2) fantasie di illimitato successo, potere, amore, bellezza, ecc.;
3) il sentirsi unici o speciali, e compresi solo da certe persone;
4) eccessive richieste di attenzione o ammirazione;
5) sentirsi in diritto di meritare privilegi più degli altri;
6) tendenza a sfruttare gli altri per i propri interessi;
7) mancanza di empatia verso i problemi delle altre persone;
8) persistente invidia;
9) Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti, presuntuosi.
Definito ad un livello diagnostico categoriale cos’è il disturbo narcisistico di personalità, utilizzerò la sensibilità clinica e un modello di lettura di tipo psicodinamico per narrare una delle modalità di funzionamento che si possono riscontare in coloro che hanno dei tratti narcisistici. Questa modalità di funzionamento l’ho concepita metaforicamente come “il motore narcisistico”.
“Il motore narcisistico” è una vera e propria spinta interna capace di portare ad importanti cambiamenti nella vita di chi ha avuto in “dono1” questa struttura. Come ogni dono è consegnato in una relazione; il soggetto che lo riceve si troverà un congegno molto complesso che nel caso trovi, un adeguato terreno di coltura (la vulnerabilità biologica del modello bio-psico-sociale dei disturbi mentali), prolifererà con una sazietà incolmabile.
Una ricerca di sazietà che ha lo scopo di non far provare il vuoto “della fame”. Una sensazione di pienezza onnipotente che fa dire: "io non ho bisogno di te, io sono autosufficiente”. Di chi sta bene solo quando guarda dall’alto, perché guardare dal basso implica lo stare troppo vicino all’assenza, alla mancanza, ad un limite intollerabile. Un limite spesso vissuto ma non digerito che spinge su verso l’esofago che, quando diventa acido, fa soffrire il soggetto e chi gli sta vicino.
Possiamo ancora descrivere questo funzionamento narcisistico come un viaggio senza fermate perché il motore gira molto velocemente e non c’è il tempo per fermarsi. L’obiettivo è l’arrivo; il viaggio in se non è importante. Una volta arrivati si fantastica una nuova partenza e così via. Una vera e propria abbuffata dove l’unico fine è il riempire, dove manca il piacere del gusto, delle diverse sensazioni che si provano nell’alimentazione: sapori, odori, consistenza.
Una complessità di sensazioni che arrivano al palato, a volte dolci, a volte dure, aspre o amare che caratterizzano l’esperienza culinaria o potremmo dire della vita. Ma i cavalli chiamano e non c’è tempo per fermarsi e gustare, bisogna arrivare al traguardo e assaporare una sospirata vittoria che metta una nuova distanza dallo start iniziale.
Uno start relazionale “il dono” fatto di microtraumi, di un’assenza di rispecchiamento e di sintonizzazione con i caregiver che si situano, rispetto al soggetto, o troppo lontani ad esempio quello che possiamo trovare nel genitore depresso o troppo vicini con un genitore eccessivamente intrusivo. In questi casi si può dire che lo specchio va in frantumi, condizione che può creare uno spazio senza l’altro e senza un verso Sé, inteso come base sicura (Bowlby, 1969), che una volta introiettato diventerà il visore necessario nel leggere la realtà.
Moccia (2011) descrive bene una delle possibili forme di questa trasmissione intersoggettiva con la citazione tratta dalla autobiografia di J.P. Sartre che allude ad una sua esperienza infantile:
“Dei buoni amici dissero a mia madre che io ero triste, che mi avevano visto pensieroso. Mia madre mi strinse a lei con un sospiro: "Tu sei così gioioso, sei sempre così canterino! Come è possibile che tu ti lamenti di qualcosa?". Aveva ragione lei .....
Mia madre continuava a dirmi che io ero il più felice dei ragazzini.
Come potevo io non crederle dato che questo era vero ?”
Uno spazio dove si è trasparenti, senza un posto nel mondo dei propri caregiver, nella impossibilità di differenziare se stesso dalle alienanti attribuzioni dei propri modelli. Su questo punto si ricollega bene una recente ricerca apparsa su PNAS (2015) dove si rileva chiaramente questa mancanza di sintonia affettiva (Stern, 1985) con dei caregiver che sopravvalutano le capacità dei propri figli, caricando le giovani menti in crescita di aspettative e ideali narcisistici che non lasciano spazio al proprio unico, individuale divenire; esponendo loro al rischio di un disturbo di personalità.
Questo start relazionale se trova il substrato giusto può innescare il motore narcisistico, una realtà fatta di performance, di una necessaria differenziazione, di conferme esterne ed interne che vanno a rinsaldare nel soggetto il posto assegnatogli con questo “dono”. Un posto dove sono oscurate sia le peculiarità e la creatività del soggetto sia il limite psichico tra Sé e aspetti carichi di intrusività e assenza dell’altro (Moccia, 2011). Uno spazio caratterizzato dalla contrapposizione dove si produce, per necessità, un’energia che come per il leggendario motore magnetico spinge e fa girare il motore. Un’energia prodotta dall’allontanamento di due poli dello stesso segno (figura 1). Il polo positivo, caratterizzato da aspetti di un Io non riconosciuto, che porta una mancanza e che si contrappone al polo positivo di aspetti di un Io ipertrofico, stimolato da uno squilibrio dell’accudimento genitoriale. Poli che allontanandosi lasciano uno spazio aperto riempito da un senso di vuoto in cerca di forma e da emozioni non pensate; senza un contenitore sufficiente ad accogliere ed elaborare elementi di intensa sensorialità ed emotività.
Un’organizzazione psichica disfunzionale, sia sul piano delle relazioni interpersonali, sia dell’autoregolazione affettiva che compensa la sofferenza generata dalla vulnerabilità del Sé con reazioni automatiche di grandiosa e scostante autosufficienza. Una condizione che può portare non solo il motore ad andare fuori giri, con la fatica psichica che questo comporta, ma anche il rischio che eventi di vita come la perdita del lavoro, lutti, momenti critici del ciclo di vita riducano quella distanza e di conseguenza quell’energia che mantiene il distacco difensivo tra i due poli. In questa condizione è opportuno un lavoro terapeutico che permetta a Narciso di rispecchiarsi in Narciso senza affogare in un lago di angoscia, contenendo ed integrando aspetti diversi del Sé, verso la fuoriuscita da un incantesimo che ha impedito l’innamorarsi dell’altro e l’utilizzo di un’energia meno leggendaria ma spesa verso la verità (Grotstein, 2010)2.
Note:
1 Uso in modo sarcastico il termine dono, perché se ad uno sguardo ingenuo questo funzionamento sembra facilitare l’adattamento all’ambientale, attraverso una spinta motivazionale al successo, dall’altro lato questo dono si trasforma in un dolo che porta all’inquinamento della vita del soggetto e delle sue relazioni.
2 Secondo Grotstein nella rilettura di Bion l’essere umano è un individuo teso alla ricerca e/o all’evitamento della verità, e la psicopatologia (la sintomatologia) riflette una predisposizione verso la seconda posizione citata, mentre una condizione sana riflette la prima posizione.
Dott. Alberto Migliore psicologo a Torino
Bibliografia:
- American Psychiatric Association. (2013). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V). Tr. It. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2014.
- Bion, W.R. (1962), tr.it. Apprendere dall’esperienza. Roma: Armando Ed., 1972.
- Bowlby, J. (1969), Attaccamento e perdita. Torino: Bollati Boringhieri Editore.
- Borgogno, F. (1999). Psicoanalisi come percorso. Torino: Bollati Boringhieri Editore.
- Balint, M., Balint, E. (1968), tr.it. Il difetto fondamentale. In Balint, M., Balint E., La regressione, Milano: Raffaello Cortina Editore, 1983.
- Brummelman, E., Thomaes, S., Nelemans, S. A., Orobio de Castro, B., Overbeek, G., & Bushman, B. J. (2015). Origins of narcissism in children. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America. Advance online publication.doi:10.1073/pnas.1420870112
- Grotstein, J.S. (2010). Un raggio di intensa oscurità. Milano: Raffaello Cortina Editore.
- Ferro, A. (2007). Evitare le emozioni, vivere le emozioni. Milano: Raffaello Cortina Editore.
- Moccia, G. (2011). L'influenza dell'altro: trasmissioni psichiche intersoggettive e strutture patologiche del sé. In: http://www.centropsicoanalisiromano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=162:linfluenza-dellaltro-trasmissioni-psichiche-intersoggettive-e-strutture-patologiche-del-se&catid=107&Itemid=44
- Stern, D. (1985). Il mondo interpersonale del bambino. Torino: Bollati Boringhieri Editore.